La guerra di Millie

Mondadori, 2024, trad. di Angela Ragusa
Trovai frammenti di conchiglie, una zampa di uccello e un paguro nascosto nel guscio di una lumaca. Li disegnai nel Libro, poi gettai le conchiglie e il granchio in acqua e seppellii la zampa d’uccello nella sabbia. Rimisi il Libro in tasca e lo accarezzai.
1941, San Diego, California.
Millie passa le sue giornate immersa in un rituale per lei sacro e vitale. Disegna e raccoglie cose morte, le ritrae in modo scrupoloso, le nomina per renderle eterne, quasi immortali. In Europa la guerra imperversa e inizia a farsi sentire oltreoceano; il 7 dicembre i giapponesi attaccano la base di Pearl Harbor e da quel momento gli Stati Uniti non possono più solo guardare. Per Millie e non solo, tutto cambia. Diventa urgente, per lei, copiare tutti i nomi dei soldati uccisi, ricordarli nel Libro per non farli soccombere all’oblio.
Fino a quando arriva Rosie, una nuova amica, che con una vitalità incredibile costringe Millie a guardare il mondo da un’altra prospettiva, rovescia e sconvolge la sua esistenza facendole comprendere che il conflitto e la morte non sono tutto, perché: “la guerra stava cambiando il mondo e non sapevo se, una volta finita, il mondo sarebbe riuscito a cambiare di nuovo. Però ci sarebbero sempre stati lo stesso cielo, lo stesso oceano, la stessa baia. E le maree che si alzavano e si abbassavano, l’odore di pesce delle distese fangose…”

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